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L’eccellenza di Expo non finisce mai: condannata la Presidente di Expo 2015 spa Diana Bracco

Oh, finalmente. Ora anche la Presidente di Expo 2015 spa (la società creata ad hoc dal governo per la gestione dell’evento fin dal 2008, governo Berlusconi) può fregiarsi del titolo di condannata a due anni di reclusione per i reati di appropriazione indebita e dichiarazione fraudolenta dei redditi attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Poca roba rispetto ai reati a cui ci abitua la nostra classe dirigente, per carità, ma si tratta comunque di un reato abbastanza odioso per chi avrebbe dovuto essere all’altezza di un ruolo di garanzia. La Bracco, tra l’altro, è stata anche commissario generale di sezione per il Padiglione Italia all’Expo 2015 e vicepresidente di Confindustria con delega per ricerca e innovazione. Basta? No. Nel curriculum c’è anche il cavalierato del lavoro (che Paese strano, dagli strani Cavalieri) nonché laureata honoris causa all’Università di Pavia, presidente di Assolombarda, nel consiglio di amministrazione dell’Università Bocconi di Milano più un’altra decina di ruoli spicci.
Eppure, la Bracco, non aveva ancora capito che le spese personali non andrebbero messe in carico all’azienda che si dirige e così tre milioncini di euro sono finiti per sbaglio dentro i bilanci della casa farmaceutica di cui porta il cognome: soldi che sono serviti a ristrutturarle la casa e tenere in ordine la barca. Così il giudice ha deciso per la condanna e l’interdizione dai pubblici uffici per un anno e 6 mesi. La presidente di Expo interdetta dai pubblici uffici è una notizia che andrebbe tradotta in tutte le lingue del mondo almeno per smontare la retorica. Sì, perché qui non si discute tanto della condanna in sé ma di come il manto celebrativo di Expo continui a prosperare nonostante gli arresti e le condanne di persone inserite in ruoli chiave sia per operatività che, come nel caso di Diana Bracco, di responsabilità rappresentativa.
Il tema qui è un altro: la continua riproposizione di una classe dirigente che viene celebrata senza giudizio, è protetta da una retorica utile al potere per raccontare che “tutto va ben” e appare inossidabile nonostante le colpe e gli errori. Così alla fine anche su Expo ha vinto la narrazione contro la realtà. E vedrete che tra qualche anno li celebreranno tutti. Tutti. Bracco inclusa.
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La Frode di Madame Expo

Conosciuta soprattutto per aver ricoperto il ruolo di presidente durante i mesi dell'Esposizione universale di Milano, è stata condannata a due anni di reclusione per un'evasione di oltre un milione di euro.
Due anni di reclusione per frode fiscale e appropriazione indebita. Questa la sentenza emessa mercoledì 19 ottobre dal Tribunale di Milano nei confronti di Diana Bracco, ex  vicepresidente di Confindustria ed ex presidente di Expo 2015 spa. Un’indagine iniziata il 2 luglio 2015 e portata avanti con caparbietà dal Pubblico Ministero di MilanoGiordano Baggio il quale aveva chiesto per l’industriale una condanna a un anno e tre mesi. Meno clemente il giudice della seconda sezione penale Giorgia Carbone che ha condannato la Bracco a 2 anni riconoscendole però le attenuanti, la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna.
DURO COLPO
Si tratta comunque di un duro colpo per questa imprenditrice, nonché amministratore delegato dell’omonimo gruppo Bracco, che aveva fatto negli anni della trasparenza e del duro lavoro uno dei suoi punti di forza. Milanese classe 1941, Diana Bracco si laureò in chimica all’Università di Pavia negli Anni ’60, per poi ricevere nel 2001, proprio da quel polo che aveva a lungo frequentato la laurea honoris causa in Farmacia il 14 febbraio del 2001. E questo è solo uno dei tanti riconoscimenti ricevuti da questa donna amante del lavoro, come la descrivono amici e dipendenti.
I RICONOSCIMENTI
Ma è nel 2002 che Diana Bracco ricevette il riconoscimento più importante per il suo impegno lavorativo. È di quell’anno la medaglia d’oro del Comune di Milano a cui seguì anche l’investitura a cavaliere del lavoro. Passano altri due anni e nel 2004 ricevette anche l’onorificenza dell’ordine al merito della Repubblica italiana.
IL LAVOROGià presidente della Fondazione Sodalitas per lo sviluppo dell’imprenditoria nel sociale dal 1995 al 2001, è soprattutto conosciuta per il ruolo di presidente della Fondazione Mai di Confindustria, della Fondazione Bracco e della Fondazione Milano per Expo 2015. Ma Diana Bracco non è stata solo quello dato che dal 2008, il prestigio e la passione per la musica, l’ha portata a essere scelta come membro del Cda della Filarmonica della Scala di Milano. L’ingresso nei consigli di amministrazione dell’Accademia della Scala e del Museo Poldi Pezzoli (avvenuto nel 2012) sono state le normali conseguenze di quello che Diana Bracco rappresentava e rappresenta per Milano e l’Italia intera.
letteradonna.it

Treviso, i russi non pagano il padiglione Expo e lʼazienda che ha svolto i lavori fallisce

Dalle stelle alle stalle, come si suol dire. E' quello che è successo all'azienda Sech Costruzioni Metalliche Spa di Refrontolo, in provincia di Treviso. Dopo oltre quarant'anni l'attività chiude: il 17 ottobre, infatti, è arrivata al proprietario Alessandro Cesca la sentenza del Tribunale di Treviso che accoglie l'istanza dei fornitori e decreta il fallimento. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata Expo 2015: la società era incaricata di costruire il cantiere del padiglione della Russia, ma quei lavori pari a 400 mila euro non sono mai stati pagati. E' passato circa un anno e mezzo da quando Cesca si congratulava con i suoi dipendenti per aver finito prima del tempo il padiglione della Russia. Era un lavoro importante portato a termine, così come lo sono stati gli altri loro successi: i tornelli dello stadio di San Siro a Milano, il museo del tappeto a Baku, Ajerbaijan, e la stazione di Porta Susa a Torino. Nel 2013, la Sech Costruzioni aveva anche comprato il capannone della Indesit, un'altra azienda della zona fallita, e assunto alcuni suoi dipendenti. In quest'anno e mezzo Cesca ha lottato tanto per riavere quei 400mila euro mai riscossi, quelli che hanno aperto la crisi di liquidità e che, quindi, hanno portato al crac. Il caos si è venuto a creare perchè le due società che gestivano la partecipazione della Russia all'Esposizione Universale - Rvs Holding Srl, committente del lavoro, e RT-Expo Srl - avevano segnalato alcune non conformità al termine dei lavori. Non conformità mai riscontrate dal Ctu del Tribunale di Milano. "Nessuno ci ha aiutati, e si è innescata la catena che sta portando alla distruzione di tutto il nostro sistema di imprese: i clienti non mi pagano, io non riesco a pagare i fornitori. Può capitare a tutti, è la fine del Nordest", ha affermato Cesca a La Stampa. Anche altre otto imprese italiane sono state coinvolte nell'affair: qualcuna si è accontentata di avere solo il 20-30% dell'importo, mentre altri hanno fatto causa alla Russia, come la Sech. Tuttavia, la prima sentenza sarà a dicembre, quando la ditta sarà probabilmente smantellata del tutto. "Ci siamo ritrovati a lottare contro tutto e tutti. Nessuno del mondo della politica si è adoperato per darci una mano, figuratevi cosa possiamo fare noi contro un gigante come la Russia - ha dichiarato il titolare sempre al quotidiano torinese - Sì, ci sarà una sentenza tra un paio di mesi, ma anche se fosse favorevole, credete che quei soldi li riavremo? Intanto io sono stato costretto a chiudere tutto, gli operai sono a casa e nessuno di noi sa cosa farà".
tgcom24

Terremoto che cosa è il campo base di Expo

 Il campo base di Expo - i cui prefabbricati il governatore Roberto Maroni ha invitato oggi ad usare per gli sfollati del terremoto - è la struttura che durante la costruzione del sito espositivo ospitava gli uffici delle aziende, la direzione dei lavori, la mensa, l'ambulatorio Inail e i dormitori di impiegati ed operai. In particolare i moduli dei dormitori sono strutture a tre piani con una superficie lorda per piano di circa 175 metri mq. Una volta costruita ed aperta Expo, il campo base ha ospitato i militari che si occupavano fra l'altro della logistica. In seguito il prefetto Alessandro Marangoni e il sindaco Giuseppe Sala avevano ipotizzato di usarli per ospitare i migranti. Un'ipotesi che aveva scatenato le critiche della Regione. Maroni a più riprese (arrivando a paventare un ricorso) aveva spiegato che c'è un accordo di programma che prevede di smantellare tutto e di creare un parco da affidare al Comune di Rho. Poi Maroni ha, a più riprese, proposto di usare le strutture per i terremotati.
ansa

Terremoto, Maroni incalza Errani su casette Expo agli sfollati: vertice a Rieti sul progetto

Subito un vertice a Rieti per verificare la fattibilità del progetto di utilizzare gli alloggi del campo base di Expo per dare una sistemazione agli sfollati del terremoto. Dopo il post con cui Roberto Maroni ha invitato il commissario Vasco Errani a prendere in considerazione i prefabbricati che hanno ospitato gli operai per chiudere le tendopoli e preparare le casette per gli sfollati, il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio - che anche oggi con il commissario Errani ha incontrato le popolazioni dei paesi colpiti - ha sentito al telefono il governatore lombardo. E già domani alcuni tecnici della Regione Lombardia, che conoscono le caratteristiche dei moduli Expo e le necessità urbanistiche che richiedono, saranno a Rieti per incontrare i tecnici delle zone colpite per verificare insieme la fattibilità dell'operazione e decidere.

Maroni: "Non perdiamo tempo". Il governatore si è rivolto direttamente a Errani per offrire, come già fatto nei giorni scorsi, le strutture costate 9 milioni di euro che ha negato al Comune di Milano e al Viminale per l'accoglienza ai profughi. Dopo l'annuncio dei tempi della protezione civile sulle sistemazioni per gli abitanti delle terre colpite dal sisma, il governatore lombardo via Facebook aveva detto: "Non perdiamo tempo, le case prefabbricate del campo base di Expo sono a disposizione della protezione civile e del commissario Errani. Si possono smontare e rimontare (dove serviranno) in poche settimane, non in sette mesi".
milano.repubblica.it