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Soldi sul dopo Expo2015, non alle Olimpiadi

Sabrina Cottone Che cosa accadrà di Expo dopo l'Expo? La domanda è tutt'altro che peregrina in un momento in cui il manager che ha legato il suo evento al 2015, Giuseppe Sala, è tutto concentrato sulla battaglia elettorale per vincere le primarie di Palazzo Marino. I destini dell'area rimangono incerti e, anche se il governo è interessato alla partita, il problema restano i soldi che mancano all'appello, in un momento in cui i fondi pubblici a dir poco scarseggiano. E così ecco arrivare la protesta della Lega e di Forza Italia in Lombardia, che chiedono al governo Renzi di rivedere le sue priorità e di concentrare gli sforzi sul dopo Expo. La Lega chiede di lasciar perdere le Olimpiadi a Roma e concentrare gli sforzi sul dopo Expo. «Il governo piuttosto che sprecare quattrini pubblici per portare avanti questa candidatura perdente, buona solo per avere risalto mediatico, indirizzi queste risorse a progetti seri, come per esempio la riqualificazione dell'area post- Expo» dice Paolo Grimoldi, parlamentare e segretario della Lega lombarda. Grimoldi sostiene che il referendum chiesto dai radicali è inutile «perché sappiamo bene tutti che questi giochi olimpici non verranno mai assegnati a Roma», anche a causa dei «continui problemi amministrativi e organizzativi» della capitale. In pressing sul governo anche la coordinatrice regionale di Forza Italia, Mariastella Gelmini: «Dopo Expo è prioritario che il governo stanzi soldi veri, non promesse. Da sempre erano previsti 100 milioni di euro di stanziamenti per l'Istituto italiano di tecnologia a Milano. Li aspettiamo per il dopo Expo».L'idea che l'area visitata con entusiasmo da tanti si trasformi in un deposito dei sogni perduti inquieta. E se sulla sua pagina Facebook Francesca Balzani parla di «bioparco» («un Polo internazionale sulle Biotecnologie e la Biodiversità, che potrebbe articolarsi in 3 Parchi tematici»), anche il candidato sindaco Corrado Passera attacca e accusa la giunta Pisapia e i suoi eredi di non avere un piano di sviluppo per Milano. Sotto accusa finisce anche Sala, che «si vanta di aver creato «tanto lavoro, riferendosi a quello temporaneo, quando non addirittura gratuito, attivato con Expo». Insomma, dopo la chiusura dei battenti, il dopo Expo resta un'incognita.
Il Giornale

Expo, gli sponsor dell’Albero pronti al bis. E Orgoglio Brescia tratta con la Cina

Milano, 6 gennaio 2016 - Lunedì prossimo riprenderanno le telefonate per sincronizzare la agende e sedersi intorno a un tavolo entro la prima metà di gennaio. Al centro, il fascicolo dell’Albero della vita di Expo. Coldiretti, Pirelli e il consorzio Orgoglio Brescia, alias gli sponsordell’installazione, stanno facendo i conti per stimare quanto costi riaccendere la torre luminosa sul sito di Rho. In altre parole, fare il bis del semestre 2015. I numeri devono arrivare dagli stessi uffici di Expo spa. I tre promotori hanno cercato di ottenerli già prima di Natale e ora torneranno alla carica, perché prima di alzare di nuovo l’interruttore dell’Albero della vita, serve mettere nero su bianco un piano industriale.


L’interesse c’è, ma bisogna entrare nel dettaglio dei costi e anche dei ricavi che Coldiretti, Pirelli e Orgoglio Brescia potrebbero generare dal loro patrocinio. «Un conto era l’Expo, che è stata una vetrina mondiale, un conto è il destino di quell’area – osserva Giancarlo Turati, portavoce di Orgoglio Brescia, il consorzio di 19 imprese, più l’associazione industriale provinciale, che ha costruito l’Albero –. Bisogna capire cosa diventerà negli anni, chi ci viene». L’investimento, insomma, non può più essere a «fondo perduto» come era stato per il semestre del 2015, ma alle spalle deve avere un progetto industriale, ad esempio che preveda la gestione del merchandising della rinata installazione. Per l’operazione Expo, d’altronde, i tre sponsor hanno già staccato assegni a sei zeri. Nel complesso, circa otto milioni di euro confluiscono tra il 2014 e il 2015 nelle casse del progetto Albero della vita. Al conto vanno aggiunti i 3,9 milioni di euro spesi per gli effetti speciali, affittati attraverso la società aquilana Agorà: riflettori, laser, macchine per il fumo, fiori gonfiabili e ventagli colorati. Infine, ci sono le bollette della luce e dell’acqua delle fontane.

I tre sponsor, tuttavia, si muovono cauti nel trattare il dossier «spettacolo». Se è vero che è stato proprio loshow di luci e musica a incollare davanti all’Albero 14 milioni di spettatori in sei mesi e, di conseguenza, a tracimare sul web con un hashtag, #treeoflife, che ha sorpassato quello dell’Albero di Natale, una spesa nell’ordine di grandezza di quella di Expo è già scartata. Lo show va ridimensionato, riscritto per funzionare con un minor numero di macchine e magari non tutti i giorni. Expo ha già smantellato l’apparato di luci, riflettori e macchinari che pendevano a grappolo dai rami dell’Albero. Restano la struttura nuda, in fase di «congelamento», e gli impianti sotterranei.

Nel frattempo avanzano le trattative tra Orgoglio Brescia e investitori cinesi per una copia dell’Albero nel Paese di Mezzo. Non un clone della torre di Expo, quanto un progetto simile. «Con la Cina siamo più avanti, nei prossimi mesi andremo di là per ufficializzare il progetto e la città di destinazione», puntualizza Turati. Il pool di imprenditori aveva ricevuto corteggiamenti anche da Paesi del Golfo e da uno dell’area -Stan, ma nelle ultime settimane ha preso quota l’ipotesi di una commessa simile negli Stati Uniti. I progetti, tuttavia, sono ancora sulla carta, mentre la Germania ha regalato le panchine del suo padiglione al Giardino delle culture di Milano (giovedì il taglio del nastro).

In parallelo Expo spa ha pubblicato le gare per i primi appalti della gestione post-evento. Il primo è un avviso di pre-informazione (formula usata per accorciare i tempi) per assegnare «la conduzione e la manutenzione» dei padiglioni che resteranno in piedi. Valore: due milioni di euro. Il secondo consiste nella vigilanza e nel controllo degli accessi del sito fino al 30 giugno. Gli organizzatori mettono sul piatto 5,3 milioni di euro, di cui 1,7 per i servizi opzionali, tra cui controlli con unità cinofile e ai varchi «nelle attività di spettacolo e intrattenimento». Ossia quelle che dovrebbero partire dalla primavera, con la Triennale di Milano e la sua ventusima Esposizione internazionale del design.
Il Giorno

Bike sharing elettrico a Milano per raggiungere Expo 2015

A Milano è in cantiere la versione elettrica del bike sharing, per raggiungere i padiglioni della fiera velocemente, senza faticare e senza inquinare

Facciamo un passo indietro. A Milano il servizio di bike sharing, bikeMi, è nato alla fine del 2008, e ha inizialmente coperto solo l’area urbana del centro storico (prima fermata: San Babila).
In seguito, si è ampliato e ha superato la cerchia dei Bastioni. Ora l’operazione “bici pubbliche in sharing”  è passata alla fase 3: il raggiungimento in bicicletta della periferia. Ovviamente, considerate le distanze, le bici a disposizione degli utenti saranno elettriche, cioè a pedalata assistita: per consentire di percorrere diversi chilometri in tempi accettabili, senza inquinare e allargando questa possibilità anche a coloro che sono poco allenati..
Il progetto dovrà essere chiuso, e disponibile all’utenza per la prova essenziale che avrà luogo in occasione di Expo 2015. Entro questa data, infatti, il Comune eClearChannel  (la società che gestisce BikeMi) prevedono di realizzare circa 100 rastrelliere leggere (cioè non impiantate nell’asfalto) e un migliaio di bici. Inizialmente saranno collocate sulle vie ciclabili che collegano i Bastioni ai padiglioni della fiera; poi, al termine del semestre dell’Esposizione, le stazioni verranno sganciate, riciclate e distribuite nelle periferie.
Le nuove bici elettriche saranno un’evoluzione di quelle che i 24.000 milanesi già abbonati al servizio tradizionale conoscono: telaio in acciaio e alluminio, cavi inguainati e gomme rinforzate. E naturalmente con l’aggiunta del motorino elettrico darà energia al cardano (Shimano).
Il progetto è su carta e il sindaco Pisapia qualche giorno fa si è ufficialmente impegnato con i cittadini. I soldi? Il ministero dell’Ambiente ha promesso 4 milioni di euro, che sono tanti ma che potrebbero non bastare, perché tutta l’operazione dovrebbe costare ben 7 milioni.

Si tratta di un piano ambizioso, da realizzare in tempi forse troppo stretti, ma che potrebbe aiutare Milano a partecipare attivamente alla sfida recentemente lanciata dal “Libro Bianco sui trasporti”: quella di ridurre, entro il 2030, del 50%  il numero di auto a benzina e diesel che circolano nelle città, ed eliminarle completamente entro il 2050.
greestart.it

Expo MILANO – DUBAI, UN VIAGGIO VINCENTE PER LE ECCELLENZE ITALIANE

Expo lascia Milano per andare a Dubai nel 2020. Un'occasione per le eccellenze italiane sempre più amate e ricercate negli Emirati Arabi Uniti. Questi importano il 90 per cento dei prodotti alimentari


Il 2015 è stato l'anno di Expo. Un avvenimento che ha segnato la seconda metà dell'anno di Milano e ha attirato l'attenzione di tutti sul mondo dell'agroalimentare. Ma chiusa questa edizione un'altra se ne apre un'altra: quella di Dubai 2020 (il tema è «Connecting minds, creating the future»). In prospettiva, una vetrina importante (si attendono circa 25 milioni di visitatori) anche per il settore agroalimentare italiano. Basterebbe ricordare che gli Emirati Arabi Uniti importano circa il 90 per cento dei prodotti alimentari e la domanda è in continua crescita. E L'Italia può giocare un ruolo da protagonista in questo mercato. Di queste prospettive se ne è parlato in un recente convegno internazionale che si è tenuto recentemente a Milano.
Qualche numero dà l’idea del business. Gli Emirati Arabi Uniti sono un Paese giovanissimo (nato nel 1971, età media 30 anni). Il mercato è abbastanza piccolo, 7 milioni di abitanti, ma rappresenta una delle economie più dinamiche (l’ambasciatore italiano negli Emirati, Liborio Stellino, ha ricordato che là sono state vendute 300 Ferrari e 700 Maserati). Il petrolio attualmente pesa per il 30 per cento del Pil ma l’obiettivo è portarlo al 10 per cento entro il 2021. Tra Italia ed Emirati Arabi vi sono scambi commerciali per 6-7 miliardi di euro, cui va aggiunta la collaborazione Alitalia-Etihad. I sette emirati sono, inoltre, il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane in Medio Oriente e Africa (l'Italia è al settimo posto assoluto tra i Paesi fornitori e al terzo tra i partner europei). Il Paese ospita già oggi ben 600 aziende italiane e molti ristoranti tricolori.
Il cibo italiano di qualità piace sempre di più a Dubai e negli Emirati Arabi Uniti
Secondo i dati dell’Ice il commercio del settore alimentare italiano negli Emirati Arabi Uniti è in crescita nel corso degli ultimi anni: un aumento costante dal 2011 (+14 per cento) al 2012 (+39 per cento), al 2013 (+39,8 per cento), con un’ulteriore tendenza all’incremento per il 2014 (+ 5 per cento nel primo trimestre).
«L’Italia avrà molto da fare per la preparazione di Expo Dubai – ha sottolineato Riccardo Monti, presidente dell’agenzia Ice – Siamo in contatto con l’amministrazione di Expo 2020, le nostre aziende sono state attive e hanno imparato molto da questa esperienza e saranno attive e proattive in questa futura opportunità, in un quadro di complementarità dei due Paesi. Ci risulta tra l’altro – ha aggiunto Monti – che gli emiratini siano in testa alla classifica dei turisti che spendono di più in Italia».
Secondo il dossier elaborato da Eccellenze italiane, realizzato in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e Ice, il principale prodotto italiano importato è la pasta, quindi il formaggio: mozzarella, Grana Padano e Parmigiano Reggiano in primis. «Ci prepareremo a partecipare a Dubai 2020 che consideriamo importante anche come ponte per altri territori – ha affermato Nicola Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio Tutela Grana Padano presente lo scorso febbraio al Gulfood di Dubai, la più grande vetrina dell'agroalimentare del Medio Oriente, insieme con circa 200 aziende italiane – L’agroalimentare italiano è di interesse mondiale specie nelle sue punte di alta qualità. E si registra nei consumatori una sete di conoscenza assolutamente positiva. Ma credo che quando si interviene su territori che hanno una propria tradizione alimentare sia necessario procedere con cautela, attraverso una vera e propria “educazione alimentare”».
Baldrighi sostiene, infatti, che entrando in un nuovo mercato non ci si debba limitare alla presentazione del prodotto, bensì lo si debba «accompagnare», spiegandone l’origine, la storia, le qualità organolettiche. E in questo quadro rientrano anche le avvertenze al consumatore sui prodotti di imitazione (italian sounding) e sulle differenze di qualità con quelli originali. «Si tratta di un passaggio cruciale – ha aggiunto –. È un processo lungo e i risultati sono progressivi».
Altro settore interessante è quello dell’ortofrutta, a cominciare dal kiwi (l’Italia è il maggiore esportatore mondiale), molto richiesto in Medio Oriente, quindi mele, uva, insalata. Ottima la domanda anche per l’olio d’oliva, caffè e prodotti di pasticceria. Prospettive interessanti anche per il vino, grazie alla domanda dei turisti stranieri per cui il consumo è permesso.
«I mercati a tradizione islamica, che sicuramente negli ultimi anni hanno dimostrato uno spiccato dinamismo, privilegiano i settori dolciario, lattiero-caseario, della pasta e delle conserve vegetali – ha confermato Riccardo Monti – Sono inoltre mercati ricettivi, in virtù della loro limitata distanza, anche per i prodotti ortofrutticoli freschi per i quali purtroppo la struttura distributivo-logistica non è ancora adeguata».
Quello emiratino è stato tra i padiglioni più visitati dell’Expo di Milano, grazie a un messaggio green mediato in modo accattivante e tecnologico. «La nostra partecipazione a Expo Milano ci è servita per acquisire l'esperienza italiana – ha dichiarato l'ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti in Italia, Saquer Nasser Ahmed Abdullah Alraisi – Negli Emirati è stato molto apprezzato il ruolo delle aziende italiane, che con il loro lavoro hanno contribuito alla costruzione e allo sviluppo del Paese (la partecipazione italiana alla costruzione degli impianti di desalinizzazione dell’acqua del mare per renderla potabile e alle più importanti linee ferroviarie emiratine, senza dimenticare la costruzione dell’edificio simbolo degli Eau, la Grande Moschea Sheikh Zayed di Abu Dhabi – ndr)».
Ci sono pertanto tutte le premesse affinché l’esposizione di Dubai sia un trampolino di lancio per molti prodotti agroalimentari italiani e un ponte per conquistare nuovi mercati per le aziende che già hanno consolidato la loro presenza sul territorio.

fonte: de-gustare.it

Expo, il “ritorno” dalla primavera 2016

Expo “ritorna”. Dalla prossima primavera, infatti, il sito potrebbe essere di nuovo vivo e vivibile grazie al coinvolgimento della Triennale e un programma di eventi, a partire dal concerto del Primo maggio. Per la rinascita dell’area, la giunta della Regione Lombardia ha stanziato 50 milioni da utilizzare per il ‘dopo Expo’. “Con questa delibera – ha spiegato il presidente Roberto Maroni – abbiamo aggiornato l’adesione all’atto integrativo dell’Accordo di programma per la realizzazione di Expo 2015 per la fase transitoria. Abbiamo dato il nostro contributo, perché l’area non resti deserta e ci auguriamo che anche gli altri soggetti coinvolti contribuiscano”.
“Non possiamo permettere che quest’area resti vuota, se non per i tempi strettamente necessari per il dismantling. Da primavera lo riapriamo ai cittadini e ai visitatori e sarà nuovamente vivibile per tutti” ha aggiunto l’assessore regionale al Post Expo e Città metropolitana Francesca Brianza.
webitmag.it