Blog Expo: Expo 2015
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Expo e cosche: nutrire il pianeta Italia o il pianeta 'ndrangheta?

Leggendo che i subappalti di Expo 2015 erano in mano allecosche calabresi vien da pensare allo slogan dell’esposizione: “Nutrire il pianeta” e anche alla parola che accompagnò la fase finale dei lavori: “Camouflage”, cioè le quinte, i paraventi (costati un milione di euro) creati per celare al pubblico le strutture incompiute.

Se è vera la tesi della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria e cioè che il 70% dei subappalti era in mano alla malavita, l’intera operazione potrebbe passare alla storia come un “Camouflage”, un paravento, una quinta per “Nutrire il pianeta” della ‘ndrangheta.

Mentre scrivo, l’ottimo Marco Imarisio, inviato de Il Corriere della Sera a Gorino (il Comune in provincia di Ferrara) che, il 24 ottobre ha fatto le barricate per evitare la discesa dal pulman di , racconta che “l’uomo con gli attributi”, che ha ‘ispirato’ le barricate è “Nicola Lodi, detto ‘Naomo’ per qualche misterioso legame con uno sketch di Panariello. È un barbiere di Ferrara. È un esponente leghistaspecializzato in incursioni con videocamera nei campi nomadi, nei ruderi dove dormono i clandestini. Avvisa sempre in anticipo radio e televisioni. La sua posizione sui migranti, che definisce ‘diversamente bianchi’, è riassunta in uno slogan impresso anche sulle magliette della Lega Nord. “A casa, a calci nel culo“. Arriva su un’auto guidata da Francesco Marangoni, segretario della Lega Nord di Ferrara. “Stop all’invasione – dice appena tocca terra – Lo straniero non deve passare”.

In un libro strepitoso – “A meglia parola , Liguria terra di ‘ndrangheta” di Matteo Indice e Marco Grasso si racconta che “Francesco Belsito (già tesoriere della Lega Nord) “è colui che per tre fra le principali procure – Milano, Napoli e Reggio Calabria – ha contribuito a riciclare con acrobatiche operazioni finanziarie un tesoretto della mafia calabrese“.

Poco dopo l’uscita del libro, Francesco Oliverio a lungo esponente di primo piano del clan Marrazzo-Oliverio-Iona, ha iniziato la collaborazione con i magistrati di Catanzaro e – raccontano Indice e Grasso sulle pagine del SecoloXIX – fa mettere a verbale che “ l’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito, da tempo residente a Genova, ma con origini calabresi e travolto in questi anni da innumerevoli inchieste, riciclava i soldi della ’ndrangheta”. Quindi aggiunge: “Il suo predecessore (il riferimento è al chiavareseMaurizio Balocchi, deceduto nel 2010), oltre a favorire il riciclaggio, [della ’ndrangheta] deteneva anche le armi”.

Vorrei rivolgere ai signori Nicola Lodi (detto ‘Naomo’) eFrancesco Marangoni questa domanda: “Siete proprio sicuri che ‘l’invasione’ che sta subendo l’Italia sia quella dei rifugiati? Come mai non abbiamo mai visto a Milano, a Pavia, a Genova, una fiaccolata, o meglio ancora, una barricata della Lega Nord contro la ‘ndrangheta?”.

L’assenza di una risposta politica al fenomeno è la prima causa del suo rafforzamento sul territorio. Dopo che è stato trasmesso “Dietro la Lavagna” – l’ultimo reportage che ho fatto per Rete4sulla ‘ndrangheta in Liguria – ho proposto all’assessore alla Cultura della Regione Liguria, Ilaria Cavo, di costruire, insieme aChristian Abbondanza della Casa della Legalità di Genova e a diversi colleghi che lavorano sul fenomeno (tra i quali Mario Molinari, creatore del sito Ninin) un portale che documenti e dia visibilità alla penetrazione, rapidissima, della ‘ndrangheta in Liguria. Contavo su un’attenzione ‘raffozata’ visto che Ilaria Cavo è stata per anni un’ottima cronista di nera, ma non ho ricevuto neppure una risposta.

Il Fatto Quotidiano

Expo, puniti i soldati che denunciarono le condizioni della base allagata. “Violati integrità morale e spirito di Corpo”


Sanzioni disciplinari per due alpini e un guastatore della Folgore individuati come gli autori della fuga di notizie. Secondo i vertici dell'Esercito, i tre militari hanno postato su Facebook le foto dell'accampamento devastato dal maltempo dove alloggiava la truppa a protezione del sito. “Condotta contraria ai principi dell’etica e della disciplina militare”
“Soldati come profughi”, non si può proprio scrivere. Non perché il paragone evochi uno strisciante razzismo, ma, al contrario, perché la frase mette alla berlina il buon nome delle Forze armate.
Almeno secondo lo Stato maggiore dell’Esercito che, dopo un’inchiesta interna, ha (per il momento)punito tre militari rei di avere pubblicato su Facebook le foto dell‘accampamento devastato dal maltempo il 14 maggio 2015 dove era di stanza parte della truppa dispiegata a protezione di Expo.
A farne le spese due alpini, il sergente maggiore DB e il caporale maggiore FM, e un paracadutista della Folgore, il capo scelto GI, sanzionati complessivamente con 11 giornate di consegna, con relativa decurtazione dello stipendio, per “scarso senso di responsabilità e inosservanza dei regolamenti in materia di trattazione pubblica di argomenti inerenti al servizio”.
Ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere le carte dell’indagine sull’alpino FM accusato di “condotta contraria ai principi dell’etica e della disciplina militare” che, nonostante non fosse a Expo causa convalescenza, si è preso la pena più severa: sette giorni diconsegna di rigore, per essersi posto “in contrasto con iprincipi etici che costituiscono i fondamenti dell’identità militare quali la disciplina, l’integrità morale e lo spirito di Corpo”. Quali? Il non aver avuto “alcun timore di pubblicare sul proprio profilo Facebook molteplici foto delle tende allagate commentando ampiamente le immagini”.
La vicenda risale a maggio 2015, quando circa 2400 militari (1800 per l’evento più seicento per l’operazione “Strade sicure”) vengono inviati per proteggere il sito dell’Esposizione universale. Tra loro250 alpini dell’Ottavo reggimento di Cividale del Friuli (Udine) vengono alloggiati nella tendopoli di Bellinzago Novarese, a un’ora e mezza di distanza da Rho, in condizioni tutt’altro che agevoli. Ilmalumore dei soldati è palpabile se non altro perché quella che sarà la loro casa per i prossimi sei mesi diventa un forno di giorno (già a maggio le temperature sotto le tende sforano i 40 gradi) e un frigorifero di notte.
Le rimostranze di alcuni di loro finiscono in un articolo pubblicato da Libero il 7 maggio dal titolo “Immigrati in caserma, soldati in tenda” che si lancia in un improbabile paragone su come il trattamento riservato ai richiedenti asilo sia migliore di quello pensato per i militari di vigilanza ad Expo. Ma il pezzo, quando descrive le cattive condizioni del campo, è dettagliato e non passa inosservato ai vertici delle Forze armate che si attivano per capire chi abbia passato le informazioni al giornale.
Peccato che una settimana dopo ci si mette pure il maltempo ad aggravare la situazione e la base di Bellinzago viene letteralmente spazzata via da un violento nubifragio. Così i militari, compresi i loro effetti personali, finiscono sotto un misto di acqua e fango e l’accampamento disastrato comincia sì ad assomigliare alla “giungla” di Calais in Francia o, per fare un paragone più recente, al campo profughi di Idomeni al confine greco-macedone. 
I nervi saltano e alcuni soldati, al grido di “trattati peggio dei clandestini” (ut Libero docet), decidono di pubblicare le foto della devastazione su Facebook. Le immagini, rilanciate dai principali siti di informazione, fanno il giro della Rete e provocano la prevedibile ondata di indignazione generale con tanto di prese di posizione durissime e interrogazioni parlamentari.
Per di più l’episodio induce Leonardo Bitti, avvocato noto per le denunce sulle situazioni lavorative dei militari, ad avviare un’azione legale contro l’Esercito per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla truppa. “Bellinzago è un’area di addestramento per i carri armati – racconta a ilfattoquotidiano.it – e la terra è talmente schiacciata che basta una goccia d’acqua per allagarsi”.
Otto mesi dopo quei fatti di risarcimenti neanche l’ombra così come nessuna sanzione è stata comminata ai responsabili dell’accampamento finito sott’acqua. Al contrario dei presunti responsabili della fuga di notizie.
Il Fatto Quotidiano

Expo 2015, il lapsus di Sala svela la verità sui conti: “La perdita deriva da meccanismi molto complessi”

Durante la seduta delle commissioni del Comune di Milano il candidato sindaco si è fatto sfuggire che il rosso c'è. Tra biglietti e ricavi da sponsorizzazioni non incassati, extracosti, contenziosi e bonifiche il risultato finale è negativo per almeno 200 milioni
fonte: ilfattoquotidiano
La verità gli scappa durante una delle risposte: “La perdita deriva da meccanismi molto complessi”. Perdita? Giuseppe Salacontinua a parlare di chiusura in positivo dell’operazione, nella burrascosa seduta di ieri delle commissioni del Comune di Milano, ma poi arriva il lapsus. Per il resto, le domande dei consiglieri spiegano molto più delle risposte del commissario-candidato sindaco. La trincea in cui s’attesta è quella del patrimonio netto, positivo per 14,2 milioni. Ma il consigliere Basilio Rizzo(presidente del Consiglio comunale) gli ricorda che la Corte dei conti nel 2013 prevedeva che fosse di 135 milioni, “e ora festeggiamo per 14,2?”. Rincara la dose Manfredi Palmeri (Terzo Polo): “Il patrimonio era di 48 milioni nel 2014, ora è di 14,2: dunque c’è stata una perdita di 33,8 milioni, altro che risultato positivo”.
La verità è che le cifre rese pubbliche da Sala sono poche e si lasciano tirare in ogni direzione. Roberto Biscardini (Socialisti) ricorda che i soldi pubblici messi nell’operazione Expo sono, negli anni, 1,2 miliardi di euro. Diventano almeno 2 miliardi con le spese di gestione. Le entrate 2015, l’unico anno con entrate rilevanti, sono 736,1 milioni. Ecco dunque i veri contorni economici dell’evento. Poi ci sono le tecnicalità del bilancio. Ma anche su queste, la nebbia è tutt’altro che diradata. Sala ribadisce che “i ricavi” 2015 sono 736,1 milioni (373,7 da biglietti, 223,9 da sponsorizzazioni, 138,5 da altre voci). Ma sono, appunto, “ricavi”, non incassi: 19,9 milioni di biglietti non sono ancora incassati; le sponsorizzazioni hanno portato in cassa solo 45,2 milioni, il resto è offerto “in beni e servizi”; dai ricavi di sponsorizzazioni e altre voci mancano all’appello 51,4 milioni, ancora da incassare. Se si aggiungono le partite ancora sospese (extracosti, contenziosi, bonifiche…) il risultato finale è una perdita d’esercizio di almeno200 milioni, invece dei +14,9 milioni esibiti da Sala.
A questo si deve aggiungere un’ulteriore constatazione: il commissario mette a bilancio 86,4 milioni che dovranno arrivare da Arexpo (che possiede le aree) per infrastrutturazione, espropri, bonifiche. Ma Arexpo, se mai pagherà, lo farà sempre con soldi pubblici (cioè nostri), visto che soci determinanti sia di Expo sia di Arexpo sono Comune di Milano e Regione Lombardia. “Quanto, allora”, chiede non senza ironia Mirko Mazzali (Sel), “alla fin della fiera, dovrà pagare il Comune, quando sarà sindacoFrancesca Balzani?”. Sala risponde criptico: “Non ritengo, dopodiché vedremo”. Altre domande restano sospese. Quanti crediti sono verso aziende straniere, più difficili da recuperare?Quanto porta a casa Eataly di Oscar Farinetti (29 milioni) e quanto ha dato a Expo (il 5%)? Manfredi Palmeri confronta le cifre spese in pubblicità (185 milioni) con i ricavi in sponsorizzazioni per concludere che ogni 2 euro ricavati, 1 euro è stato speso inpubblicità.
Mattia Calise (Movimento 5 Stelle) chiede chi (e con che criteri) ha stimato la partita molto discrezionale dei servizi offerti dagli sponsor a fronte dei diritti di visibilità (Value in kind), per un totale di 178,7 milioni.
Altre domande sono ancor più imbarazzanti. Marco Cappato(Radicali) ricorda che Sala ha fatto un libro per l’editore Skira, che ha lavorato per Expo. Riccardo De Corato (Fratelli d’Italia) chiede quanti appalti sono stati messi a gara e quanti dati a trattativa privata; quanti sono stati frazionati sotto i 40mila euro per non metterli a gara; quanti sono stati i subappalti; quante pratiche sono state contestate dall’Anac di Raffaele Cantone. “Sono 138″, risponde Sala. “Ma Cantone sapeva tutto, perché l’Anac ha seguito tutto” (per la serie: avevamo il parafulmine). Ci sono stati altri casi De Lucchi? “No”. Però offre intanto le cifre degli “appalti grigi”, quelli di cui Sala si lava le mani perché triangolate (come il mezzo milione all’architetto Michele De Lucchi “dimenticato” da Sala) con altri enti: Fiera Milano (45 milioni), Regione Lombardia (37), Comune (70), Triennale (19), Esercito(17) e Italferr: oltre 120 milioni di appalti “a sua insaputa”.
Da Il Fatto Quotidiano del 26 gennaio 2016

Giuseppe Sala indagato e archiviato per l’appalto senza gara di Expo a Eataly

Senza clamore, la Procura di Milano aveva aperto un fascicolo per abuso d'ufficio su segnalazione dell'Anac di Cantone. Il gip: "Dubbi fondati su affidamento senza gara e condizioni ventaggiose" per l'azienda di Farinetti, ma non è dimostrabile che l'ad abbia agito con dolo. La vicenda rivelata oggi dal Corriere della Sera
Giuseppe Sala indagato in gran segreto, e in gran segreto archiviato. La vicenda – di cui dà conto oggi il Corriere della Sera – riguarda l’affidamento diretto a Eataly dei servizi di ristorazione in due padiglioni di Expo, con vantaggi per la società di Oscar Farinetti tali da destare l’attenzione dell’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. “Dubbi esistenti e condivisibili”, quelli di Cantone “sulla mancata osservanza della normativa originaria sugli appalti”, si legge nel decreto di archiviazione del gip Claudio Castelli citato dal Corriere. Ma l’ad di Expo oggi candidato sindaco di Milano per il centrosinistra non deve andare a processo perché “non risulta univocamente dimostrato l’elemento psicologico richiesto dal reato di abuso d’ufficio“. Con quell’appalto senza gara, la Eataly Distribuzione srl di Farinetti ottenne “un indiscutibile vantaggio contrattuale”, ma “non è dimostrabile che Sala abbia agito intenzionalmente per procurare un vantaggio ingiusto”.
Sala – lo si apprende solo ora – era stato iscritto nel registro degli indagati dai pm Giulia Perrotti edEugenio Fusco, dopo che l’Anac di Cantone, il 15 giugno dell’anno scorso, aveva inviato in Procura le spiegazioni di Expo su quell’applto, giudicandole non convincenti. I pm hanno poi chiesto l’archiviazione, che il gip ha sancito il 12 gennaio. Le indagini hanno comunque dimostrato che la società pubblica guidata da Sala “ha assicurato” a Eataly “condizioni economiche particolarmente vantaggiose” e “di maggior favore”, se paragonate a quelle “più rigorose” imposte nella gara del 23 febbraio 2014 per la ristorazione negli altri otto edifici del Decumano. La gara richiedeva di riconoscere a Expo royalty del12% sul fatturato, sottolinea il gip Castelli, mentre l’affidamento diretto a Eataly prevedeva appena il 5% (più l’1% oltre i 40 milioni di giro d’affari). Ed Expo è stata disposta a farsi carico di costi per elettricità, acqua, servizi e celle frigorifere. Dietro tutto questo, però, argomenta il giudice, “non emergono motivi sotterranei”, mentre risulta “tangibile l’interesse pubblico di Expo ad avere Eataly tra i propri partner”.
E l’affidamento diretto? La violazione della norma può essere “ipotizzata”, scrive il gip Castelli, ma la legge consente alle stazioni appaltamti di siglare un contratto negoziando direttamente con l’azienda interessata qualora l’appalto “possa essere affidato unicamente a un determinato operatore per ragioni di natura tecnica o artistica o attinenti alla tutela dei diritti esclusivi”. Eataly è compatibile con questa casistica? “L’opinione può essere più o meno condivisa”, ma “rientra peinamnte nella discrezionalità amministrativa”. E comunque, mancando la prova del dolo, l’inchiesta è da archviare.
Il Fatto Quotidiano