Blog Expo: 03/05/17

ALLE TRE FONTANE: LA RICETTA SPECIALE DEI MONACI BIRRAI

Dal 2015 i Trappisti di Roma, fedeli alla regola dell’Ora et labora, producono una loro birra secondo la rinomata tradizione belga, ma con l’aggiunta dell’eucalipto

Non solo marmellate, miele, olio, tisane e biscotti. Dal 2015, nella bottega dell’abbazia trappista delle Tre fontane a Roma, si può acquistare anche la birra. Viene prodotta a poche decine di metri, oltre il chiostro, all’interno di un edificio che sorge tra gli alberi d’eucalipto. E non è un caso. Perché, se la produzione di birra in Italia non è mai stata prerogativa dei religiosi, all’estero ha al contrario una lunga e ricca tradizione. Basti pensare ai monasteri trappisti belgi di Chimay, Orval, Westmalle... e alle rispettive birre, in vendita anche in Italia tra gli scaffali dei supermercati.
Padre Jacques Briére, barba bianca e fini battute dall’accento francese, è dal 1996 abate del monastero trappista dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre fontane. Un complesso eretto al di sotto del livello del Tevere e a pochi metri dal traffico della via Laurentina, ma immerso nel silenzio totale che avvolge il luogo del martirio di san Paolo. È stato lui ad aver avuto l’idea, alcuni anni fa, di aprire un birrificio tra le mura del monastero, proprio accanto al frantoio delle olive, in una vecchia cantina poi completamente ristrutturata. «Un giorno ne parlavo con altri padri abati. Uno mi ha detto: “La ricetta della birra trappista si trova in Wikipedia, non posso certo impedirvi di usarla”. Ma il nostro lievito è unico...». È stato poi fra Danilo, uno dei monaci più giovani, a scoprire la vecchia ricetta a base di foglie di eucalipto che, dopo alcuni anni di esperimenti, ha iniziato a essere imbottigliata come “Tre fontane”.

IN BELGIO, BIRRA E SALMI

«Ma i nuovi arrivati in realtà non apprezzano più il vino e la birra come un tempo: non c’è più la cultura cui sono stato educato in Francia». L’abate sospira e, sorridendo, pesca tra i ricordi: «Quando ero segretario dell’abate generale, lo accompagnavo a visitare i monasteri in tutto il mondo. In quelli del Belgio la visita si concludeva in birreria. Ci facevano assaggiare birre di talmente tanti tipi che quando uscivo non era difficile salmodiare i salmi in fiammingo...».
Per i monasteri trappisti, fare birra è una cosa seria. Anzi, serissima. Per tutelare i loro prodotti dalla concorrenza sleale è stata addirittura fondata un’associazione internazionale che ha stabilito i tre criteri che le birre devono necessariamente rispettare per potersi fregiare del logo «Authentic Trappist Product». Poiché la «Tre fontane» viene prodotta all’interno delle mura di un monastero trappista sotto il controllo diretto della comunità e senza scopo di lucro, ma per il solo fine del sostentamento dei monaci, nel maggio 2015 è stata aggiunta alle dieci birre (7 in Belgio, 1 in Olanda, 1 negli Stati Uniti e 1 in Austria) riconosciute ufficialmente come “trappiste”.
Quello di Roma è il birrificio più piccolo, ma è già conosciuto e apprezzato soprattutto all’estero: circa il settanta per cento delle bottiglie viene esportato. Il suo responsabile è stato fin dall’inizio un laico, Sergio Daniele, che assieme a Claudio, Cristiana, Marco e Maurizio seleziona le materie prime, prepara le cotte, imbottiglia ed etichetta.
È proprio il responsabile a spiegare che il motivo di un legame tanto forte tra i monaci e la birra risiede in motivazioni prima di tutto pratiche: «A livello folkloristico, si racconta che il vino era buono in Italia e in Francia, ma in Belgio, essendovi trasportato a dorso d’asino, vi arrivava ormai aceto. È certo comunque che con le bevande alcoliche non si correva il rischio di contrarre malattie: bevendo birra si evitava il problema della potabilità dell’acqua. D’altronde, una vecchia diatriba chiede se sia nato prima il pane o la birra: è sufficiente che un po’ di farina, acqua e lievito vadano a male perché fermentino e si formi alcool. La birra alla fine non è che pane liquido».

RISCOPERTA DI UNA TRADIZIONE

  
In realtà, la produzione di bevande alcoliche non è una novità nemmeno alle Tre fontane. Appesa al muro, una foto in bianco e nero ritrae alcuni fratelli conversi intenti a produrre l’eucalittino, nascosti sotto scuri e ampi cappucci. È stata probabilmente scattata negli anni ’50, quando il “Liquorificio Trappisti delle Tre fontane” aveva già spento un’ottantina di candeline, avendo aperto i battenti addirittura nel 1873. L’eucalittino, conosciuto come «il liquore dei romani», non era l’unico superalcolico a esservi prodotto all’epoca. L’estratto e la grappa di eucalipto, ma anche la crema di nocciola, erano già allora parte delle prelibatezze alcoliche che la regola benedettina Ora et labora assicurava agli abitanti di Roma.
Giornate, quelle dei monaci, comunque scandite dalla preghiera, a partire dalle vigilie, recitate alle 4 di notte, fino alla preghiera serale della compieta, alle 20.15. Orari rigidi che, appesi ai muri in pietra dell’austera e silenziosa abbazia, incutono un po’ di timore. Ci sarà almeno qualche bicchiere di birra ad allietare le domeniche? Padre Jacques ride: «Diciamo le domeniche molto speciali».
Foto di Stefano Dal Pozzolo/Contrasto
fonte: famigliacristiana.it

Expo Milano 2015 è stato un affare, ma non per tutti.


Almeno a distanza di tempo. In casa Nh, catena albeghiera spagnola ma a controllo cinese, hanno fatto i conti e il consuntivo 2016 lascia intravvedere qualche difficoltà: “l’Italia – si legge in una nota del gruppo – mostra una flessione del fatturato comparabile per camera disponibile (Revpar) pari al -5,9% dovuta all’assenza nel 2016 dell’Expo Milano. Come conseguenza di tale fatto congiunturale, il fatturato è sceso del 2,8%, raggiungendo quota 248,6 milioni”. “Un risultato atteso – commenta Chema Basterrechea, top manager Nh Italia – rettificando l’impatto dell’Expo nel 2015, la crescita del fatturato sarebbe stata del 4,9%, l’Ebitda ha raggiunto quota 41,9 milioni. Avevamo previsto questo scenario ora s apre una fase nuova”. Nh a livello complessivo di gruppo conferma che prosegue la crescita positiva del fatturato complessivo del gruppo negli ultimi anni, con un incremento del 5,7% rispetto al 2015: fatturato complessivo a quota 1.475 milioni nel 2016, 79 milioni in più rispetto all’esercizio precedente, guidato dall’ottima performance nel corso dell’anno di mercati come la Spagna (+13,5% ) o l’Europa centrale (+7,8%). Il Benelux, che ha aumentato i ricavi del 2,5%, l’America continua a riflettere un trend molto positivo in valuta locale su tutti i mercati (+26,6%), pur influenzato negativamente dal cambio. La strategia di gestione dei prezzi attuata nel corso dell’anno ha contribuito ad ottenere un aumento del ricavo medio per camera disponibile (Revpar) del 5,8%, dovuto principalmente ad un aumento dei prezzi pari al 4,6% e dell’occupazione dell’1,2%. Nel 2016 l’Ebitda +21% a quota 181 milioni, guidato da un aumento di marginalità che migliora di +1,6 punti percentuali al 12,3%. Nel frattempo, il risultato netto delle attività ricorrenti presenta un profitto positivo per la prima volta dal 2008, pari a 11 milioni. Compresa l’attività di natura non ricorrente, questa cifra aumenta fino a 31 milioni di utile netto totale, 30 milioni in più rispetto all’anno 2015. E per il 2017? Alla fine di gennaio, il cda ha approvato all’unanimità la nomina di Ramon Aragonés  a Ceo. La società prevede di raggiungere un obiettivo pari a 220-225 milioni di Ebitda.
ilsole24ore

“OUTDOOR EXPO”. ModenaFiere, 17-19 marzo 2017

Outdoor Expo, il primo ed unico evento in Italia che si pone l’obiettivo di presentare al grande pubblico tutte le realtà del mondo Outdoor, posticipa il suo debutto nei padiglioni di ModenaFiere dal 16 al 18 marzo 2018.
Tra meno di un mese però si presenterà al pubblico in veste di “anteprima” in concomitanza con la XIV edizione di Children’s Tour, l’unico salone in Italia dedicato alle vacanze per famiglie. Si chiamerà Outdoor Tour ed occuperà l’intera superficie del padiglione C di ModenaFiere.
Il concetto di base sarà lo stesso: all’interno di un’unica area verrà riprodotto in piccolo ciò che Outdoor Expo presenterà al pubblico tra poco più di un anno. Parliamo di un perfetto mix tra area esposizione e dimostrazioni, tra lezioni di avviamento, incontri e show.

ATTIVITA’ OUTDOOR PER I PIU’ PICCOLI

Per questa “Anteprima di Outdoor Expo”, vista la concomitanza con Children’s Tour, un occhio di riguardo sarà riservato nei confronti dei più piccoli. Per loro saranno disponibili tantissime experience formato “outdoor”: arrampicata, MTB, percorso vita, slackline, tende sospese.
Insomma, gli appassionati ed i praticanti “del futuro” troveranno esperienze e attività in grado di stimolare la loro curiosità nei confronti l’universo Outdoor, mentre contestualmente i genitori potranno scoprire le più importanti destinazioni turistiche outdoor in cui programmare le prossime vacanze “active”.

AREA TRAVEL

Non mancherà ovviamente l’area Travel con uffici del turismo, enti pubblici e Bike Park che presenteranno al pubblico dell’Outdoor Tour il meglio dell’offerta turistica Outdoor.
mountainblog.it

Identità Golose 2017

Dobbiamo guardare alla Lombardia per capire dove va la ristorazione italiana. L’Expo ha lanciato Milano come meta gastronomica e adesso gli occhi delle catene di tutto il mondo sono puntati sulla Madonnina. C’è Starbucks con le palme e i banani in Duomo, il pollo fritto di Kfc, i ramen di Toridoll, gigante giapponese da 1200 locali in tutto il mondo. Identità Golose domani mattina dedica l’apertura proprio alla Lombardia.

Cesare Battisti, del Ratanà, nel suo intervento non nasconderà le contraddizioni: «Io farò il rompiscatole – dice – perché dovrò criticare il viaggio che fanno i prodotti. Milano è diventata importante per il turismo enogastronomico, una cosa impensabile 20 anni fa. I turisti vengono da noi per mangiare i nostri piatti e noi che cosa gli diamo? Gamberetti thailandesi su uno stelo di zucchero? Oppure un bel trancio di ricciola australiana? Ci vuole la fusion, ci vogliono le catene, ma quanti a Milano lavorano con i piccoli produttori del territorio?».
Davide Oldani, che ha aperto da pochi mesi il nuovo D’O a Cornaredo, si concentrerà invece su come reinventare i piatti della tradizione. «Reinterpreto e destrutturo la cassoeula. In Lombardia finalmente stiamo cominciando a fare cultura del cibo. Ma il salto di qualità dobbiamo farlo nell’accoglienza».
Gianni Tarabini infine parte da un’esperienza unica, quella de La Fiorida, in Valtellina, dove il collegamento con il territorio è alla base del progetto. L’azienda produce carni e formaggi, le vende nello spaccio e Tarabini le cucina al ristorante. «Racconterò quello che si faceva una volta con le materie prime del territorio e quello che facciamo ora», dice. «Dobbiamo dare un volto alle persone che stanno dietro il cibo. Io parlo col contadino, il pescatore, il cacciatore, il casaro. E faccio una cucina del tempo. Dove sono le stagioni a dare la cadenza. Un progetto che dimostra la forza dell’enogastronomia».
gazzetta.it

Svizzera: le formalità per lavorare nel paese

Obbligo di notifica per le imprese che distaccano personale in Svizzera. Per le categorie assimilabili al settore edile, il Canton Ticino richiede anche l'iscrizione all'Albo LIA.
Le imprese che intendono effettuare un’attività lavorativa o prestare servizi in Svizzera devono tenere presente che è necessario notificare il personale distaccato presso le autorità cantonali e garantire condizioni lavorative e salariali minime previste per i lavoratori svizzeri. 
Il Canton Ticino, oltre alla notifica, impone l'obbligo di iscrizione all'Albo LIA (Legge sulle Imprese Artigiane), prima di iniziare i lavori, ai soggetti che svolgono attività artigianali sul territorio.
La LIA considera imprese artigianali “le persone giuridiche, le società di persone o le ditte individuali" che, con attrezzature e un organico proprio, eseguono sul territorio cantonale attività che rientrano nei settori professionali seguenti:
  • costruzioni in legno/carpentiere;
  • opere da falegname;
  • opere da pittore;
  • opere da piastrellista;
  • opere in gesso, intonaco;
  • opere da posatore di pavimenti;
  • opere da vetraio;
  • costruzioni metalliche/carpenteria metallica;
  • opere da giardiniere/forestale;
  • opere da spazzacamino;
  • opere da lattoniere, impermeabilizzazioni di tetti (sintetiche e bituminose);
  • impianti sanitari, di riscaldamento e ventilazione, condizionamento e raffreddamento;
  • posa di ponteggi.
Ciò comporta che anche le imprese industriali, che rientrano nei settori professionali indicati nel regolamento, dovranno iscriversi all’Albo LIA.
Una volta accolta la domanda dalla Commissione di Vigilanza LIA, la formalizzazione dell’iscrizione è subordinata alla tassa di iscrizione all’Albo LIA pari a 600 CHF. E’ previsto un rinnovo annuale che prevede un versamento di 300 CHF per categoria professionale.
Se l’artigiano o la ditta rientra in una delle categorie elencate, l’iscrizione è obbligatoria e sono previste sanzioni e procedimenti amministrativi e/o penali in caso di non ottemperanza. Informazioni dettagliate sono disponibili on-line.
assolombarda.it

Food sharing contro gli sprechi alimentari


Prosegue la lotta contro gli sprechi alimentari. Questo, anche grazie all’introduzione della Legge Gadda (ne ho già parlato qui), è l’obiettivo che enti, associazioni e comunità di volontariato hanno fissato per venire incontro alle esigenze dei più bisognosi, quei poveri e nuovi poveri che oggi, complice una crisi economica che non accenna a rientrare del tutto, hanno difficoltà a mettere un piatto in tavola. Prevenire lo spreco alimentare e combattere la povertà sono le finalità anche di Roma, che ha aderito a “Food sharing – Confartigianato Roma trasforma gli sprechi alimentari in cibo“, progetto che nei prossimi mesi si tradurrà nel ritiro sistematico, su scala municipale, di alimenti freschi e in buono stato presso i negozi e supermercati che aderiranno all’iniziativa. Un accordo che si inserisce all’interno del progetto per la raccolta differenziata porta a porta presso attività commerciali, a breve in alcuni municipi. Il protocollo firmato tra Roma Capitale e Confartigianato si inserisce in un contesto di solidarietà già attivo (con Pasto Buono, ad esempio, continuiamo quotidianamente a salvare e donare migliaia di pasti), ma che ha bisogno del coinvolgimento di nuovi attori e di iniziative progettuali in grado di sostenere l’attività di recupero, generando valore per tutta la comunità. Oggi vogliamo fare di più, perciò con Pasto Buono abbiamo scelto di aderire all’accordo, dando una mano logistica su un territorio che conosciamo bene. D’altro canto, è un accordo in cui noi crediamo molto anche per come strutturato in funzione di chi il cibo lo dona. È proprio il Comune di Roma a specificare che gli esercenti “virtuosi” avranno un vantaggio concreto aderendo al progetto: una riduzione della Tassa Rifiuti, calcolata in base alle capacità di recupero. Insomma, si tratta di un vero e proprio intervento strutturale, il cui esito, se sarà positivo – come tutti ci aspettiamo – può valere come buona pratica da esportare in altre città. Sul tema sprechi, ad essere attivi sono in particolare modo anche altri Comuni italiani, all’interno dei quali prendono corpo progetti rivolti alla comunità di riferimento. Milano, grazie all’impegno profuso nei mesi dell’Expo, è stata la prima a dotarsi di una Food Policy cittadina, con lo scopo di rendere il sistema alimentare cittadino più equo e sostenibile, attraverso iniziative di sensibilizzazione e progetti a spreco zero rivolti a trasformare la logica di produzione, distribuzione e consumo del cibo in città. Recentemente, anche il Comune di Parma ha lanciato la propria iniziativa sociale con focus sullo spreco alimentare: “Parma Social Food. Tra povertà e spreco alimentare: verso una Food Policy per la Città Creativa della Gastronomia Unesco”. Il progetto, prevede il coinvolgimento di diversi attori sociali sul territorio e una fase di ricerca, sostenuta da Percorsi di Secondo Welfare, volta ad analizzare i temi della povertà e dello spreco alimentare e quantificarne la diffusione sul territorio di Parma, per porvi rimedio, coinvolgendo la cittadinanza e il tessuto produttivo cittadino. Gregorio Fogliani da Buonenotizie.corriere.it